lunedì 21 dicembre 2009

Latino Origini


Il latino è una lingua del ceppo indoeuropeo, le popolazioni indoeuropee arrivarono in Italia dopo che in Grecia, per cui si può vedere ad occhio come il latino, anche se più tardo del greco sia meno elaborato.

Sonanti

Le nasali "m" e "n" si scambiano facilmente, possono scomparire e fondersi con le vocali, per cui sono definite da alcuni sonanti, dato che dall'indoeuropeo queste modifiche sono frequenti, si designano con ṃ e ṇ quando sono deboli e hanno subito modifiche nel tempo.

Casi

L'indoeuropeo aveva 8 casi (ogni sostantivo variava le desinenze a seconda della sua funzione) : nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo, locativo e strumentale. In latino scompaiono, lasciando qualche residuo il locativo e lo strumentale. Le desinenze del latino derivano per lo più dall'indoeuropeo e si sono spesso fuse se il tema del sostantivo finiva in vocale (ad esempio per ottenere l'accusativo, il caso del complemento oggetto, si aggiungeva ṃ; in latino, ma nei temi in consonante la desinenza è diventata "em"). Qualche desinenza deriva dalle popolazioni italiche preindoeuropee.

Radici

In latino sono presenti molte parole derivate da antiche radici indoeuropee: sono rappresentate dalla radice in maiuscolo preceduta da un asterisco (es. *werg, *worg, lavoro). L'asterisco è presente in ogni forma ricostruita, anche se è italica o greca, o una desinenza che poi è cambiata. Per le radici indoeuropee la ricostruzione avviene confrontando la stessa parola in molte lingue, riscontrando le analogie (i nomi "madre", "padre", "nuovo" e gli aggettivi numerali sono le forme che si sono conservate meglio).

Verbi

Anticamente le desinenze si collegavano direttamente al tema verbale (la radice, ad esempio in "guard-o" "guard" è il tema verbale, o radice e "o" è la desinenza"), in latino è prevalso l'uso di usare una vocale tematica prima dell'incontro, ad esempio, tra due consonanti, così da verbi che usavano vocali tematiche diverse sono nate le coniugazioni. Alcuni verbi mantengono ancora l'assenza della vocale tematica. Ad esempio "sum" (*esum, in italiano essere), "eo" (andare")

Alfabeto

Il latino prende le lettere etrusche, a loro volta acquisite dall'alfabeto fenicio, per cui i nomi delle lettere sono simili in tutta l'area occidentale (ad es. le prime due lettere sono in latino a/bi, in greco alfa/beta e in ebraico alef/bet). Inizialmente si usavano solo le maiuscole, ma poi è invalso l'uso delle minuscole anche in latino.
Queste erano le lettere:
A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y Z
a b c d e f g h i k l m n o p q r s t u x y z
  • L'ordine tradizionale delle lettere si chiudeva con la X, definita da un autore latino "l'ultima delle nostre lettere". Solo verso il I sec. a.C. furono trascritti Y e Z per le parole greche.
  • Il segno V indicava sia il suono vocalico che quello semiconsonantico della "u" (it. uomo) ma non aveva il valore della nostra fricativa labiodentale sonora v che i latini non possedevano: ad esempio "vita" era scritto e pronunciato "uita". Il segno "v" adottato nel 1500 per l'italiano fu poi esteso ai testi latini per indicare la "u" semiconsonante.
  • Il suono velare sordo era in origine rappresentato da tre segni: K, davanti alla "a" e a consonante; Q davanti alla "o" e alla "u"; C davanti alla "e" e alla "i". Successivamente si generalizzò il segno C mentre K rimase nella signa Kal per Kalendae (Calendae, il primo giorno del mese) e in Karthago (Carthago), "Cartagine". Q fu solo impiegato nel digramma "qu" che indica la consonante labiovelare. es. quinque; quod.
  • Il segno X rappresentava la consonante doppia formata dalla velare sorda e dalla spirante "s".
  • Le maiuscole venivano utilizzate non solo per i nomi propri come in italiano (es. Marius, Latium) ma anche per le parole da essi derivate, tranne i verbi. es. gli aggettivi Marianus, Latinus e l'avverbio Latine (Latine loqui, "parlare in latino").

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