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![]() | Il Parco Guëll Una delle questioni più dibattute nel Novecento è quella dell’unità o della distinzione delle arti: se cioè le arti siano tecniche diverse con cui si realizza un valore unico e supremo, l’arte, o se ciascuna di esse realizzi valori distinti. Il problema è connesso con quello del rapporto delle tecniche artistiche con la tecnologia del tempo e con quello della funzione dell’arte nel mondo attuale. Nell’Art Nouveau prevale generalmente la tesi idealistica della dipendenza di tutte le arti, anche per Gaudì: ma con la differenza che l’unità è, piuttosto, unione. L’occasione per sperimentare la possibilità di questa somma (e non sintesi) è il Parco Guëll, che nell’ idea del committente doveva rientrare nel piano urbanistico di una città-giardino, alle porte di Barcellona. Il tema che Gaudì si propone è l’integrazione reciproca delle forme artistiche e delle forme naturali. Lo svolgimento riflette l’assunto religioso, che per Gaudì è fondamentale, indipendentemente dalle finalità della costruzione. Le forme della creazione sono infinitamente varie; poiché ogni freno imposto alla fantasia è un limite alla varietà delle forme, soltanto lasciando via libera alla fantasia si raggiunge quell’infinita varietà di forme che realizza l’accordo con la varietà infinita delle forme naturali. Poiché la tecnica è al servizio della fantasia e la fantasia non ha limiti, i problemi tecnici che Gaudì deve affrontare sono più difficili di quelli inerenti ad una tecnica al servizio della ragione: non solo Gaudì è al corrente di tutte le novità tecniche del suo tempo, ma intende superarle, proprio per dimostrare che la tecnica ha un’ importanza relativa. Il Parco Guëll ha manifestamente un carattere ludico. La tecnica deve permettere la libertà assoluta del gioco. Le costruzioni sono volutamente pericolanti e sbilenche, sembrano sul punto di crollare o, poiché sembrano fatte di materiale molle, di sciogliersi come neve al sole. Stanno su per miracolo, e naturalmente è la tecnica dell’artista che fa il miracolo. Non soltanto Gaudì riunisce l’opera del costruttore, che definisce le strutture, quella dello scultore, che modella le masse, e quella del pittore, che qualifica le superfici mediante il colore; ma fa confluire nell’opera molte specialità dell’artigianato: mosaico, ceramica, ferro battuto, ecc. Ricostruisce così il tipo del cantiere medievale, in cui l’artista era il capo delle maestranze e non agiva come progettista, ma come un direttore d’ orchestra. |
La Sagrada Familia Il monumentale edificio del Temple Espiatori de la Sagrada Familia è l’opera più famosa di Gaudí, e più rappresentativa del suo genio, tanto da convertirsi negli anni in uno dei simboli più famosi di Barcellona. Il cantiere della chiesa aprì nel 1883, sul sito di un progetto neogotico precedente, e Gaudí vi installò il suo studio e praticamente vi si trasferì. L’artista catalano dedicò alla costruzione della Sagrada Familia, che doveva incarnare la sintesi del suo pensiero architettonico, tutta l’ultima parte della vita, profondendovi il suo spiccato sentimento religioso. Dopo la morte di Gaudí, nel 1926, i lavori continuarono, ma dovettero interrompersi negli anni della Guerra Civile Spagnola. Nel 1936, le note e gli appunti originari di Gaudí andarono perduti nel corso di un bombardamento. La costruzione dell’opera riprese nel 1952, e nel mondo dell’architettura si aprì un accanito dibattito sulla validità dei disegni e delle maquettes utilizzate per proseguire i lavori. Il progetto originario prevedeva tre facciate rispettivamente dedicate alla nascita, crocifissione e risurrezione di Gesù, e 18 torri destinate a rappresentare, oltre alla figura del Cristo, i dodici Apostoli, i quattro Evangelisti, e la Vergine Maria. L’unica facciata ultimata personalmente da Gaudí è quella della Natività, sul lato est mentre quella della Passione ad ovest, con le sue quattro torri, venne portata a termine tra il 1954 e il 1976. Nel 1987 lo scultore Josep M. Subirachs si unì al progetto. Oggi, il cantiere della Sagrada Familia è un sito di grande attrazione turistica, completato da un piccolo Museo, dove vengono illustrate ai visitatori le varie fasi, presente e future, della costruzione della cattedrale. Senza contare che dalle torri già ultimate si gode una bellissima vista di Barcellona. | ![]() |
![]() | "Tutte le creazioni moderne che vogliano risultare adeguate all’umanità moderna devono fare i conti con i nuovi materiali e le nuove esigenze del presente." La linea innovativa che caratterizza il portale dell’ufficio spedizioni del "Die Zeit" si accordava in pieno con l’impostazione del giornale, nato dall’esperienza del settimanale omonimo con l’obiettivo di tenere di tenere informato il proprio pubblico riguardo i rapidi sviluppi nel campo dell’arte e dell’attualità. Qui, Wagner "superò" lo stile Secessione. |
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Renzo Piano Tjibaou Cultural Centre Nouméa, New Caledonia |
GINEVRA PORTO ANTICO |
Con l’ufficio municipale di Tange si chiude un capitolo e se ne apre un altro: si chiude il capitolo delle ricerche di approfondimento sui dati metodologici e sul repertorio offerti dalle esperienze internazionali, si chiude altresì il capitolo dello sperimentalismo più affannoso che domina gli anni ’53 - ’57, e si apre un capitolo nuovo che vede il fiorire e lo svilupparsi delle tematiche e delle realizzazioni che hanno concentrato sul Giappone l’interesse della cultura internazionale. Nel municipio di Tange tale caratteristica di ponte verso esperienze più radicalmente rivoluzionarie è abbastanza evidente. Sia nella schematicità dell’organismo, dove il blocco allungato degli uffici ed il volume della sala di riunione si giustappongono meccanicamente, che nella rigidità e secchezza dei dettagli, della struttura, della modulazione delle facciate, si può riconoscere ancora la durezza delle prime opere di Tange; in particolare degli edifici per il Parco della Pace ad Hiroshima. Ma già l’organizzazione degli elementi e la loro integrazione nell’unità dell’organismo dimostrano un’attenzione diversa, uno spirito nuovo : la contrapposizione, all’interno della medesima articolazione volumetrica di per sé solidamente definita, di due zone diverse – quella basamentale, direttamente rapportata al giardino, alla strada, allo spazio pedonale, e quella in elevazione in cui si sottolinea marcatamente la funzione più specificamente urbana dell’edificio – diviene determinante e prende sostanza in un disegno vigorosamente unitario, dove la ripetizione insistita del medesimo modulo della loggia è commentata dalla profonda zona di ombra inferiore e dal vario dislocarsi delle rampe esterne.
Ma in tale dialettica figurativa è leggibile un atteggiamento polemico di Tange nei confronti del funzionalismo più o meno ortodosso che in Giappone aveva ormai preso largamente piede. Se da un punto di vista rigorosamente critico possiamo considerare ingenue le affermazioni di Tange che “lo spazio precede la funzione” o che “solo le cose belle sono funzionali”, nella traduzione operativa di quei concetti va invece riconosciuta una maturità eccezionale, che gli fa evitare ogni velleitarismo ed ogni tentazione di evasione. Lo stretto legame fra impostazione figurativa e programma civile è sottolineato d’altronde, dalla stesso Tange, nella critica al modello americano di palazzo comunale, ridotto ormai ad un’anonima struttura burocratica. Egli scrive al proposito : “Ci sembra al contrario che il Municipio debba riprendere il suo ruolo iniziale che è quello di richiamare la popolazione allo sforzo comune. Ora questa tradizione non è mai esistita in Giappone dove edifici simili rappresentavano innanzi tutto il potere. Noi abbiamo voluto, come architetti, aiutare il popolo a questa presa di coscienza facendo veramente di questo insieme del Municipio di Tokyo il centro spirituale della nostra capitale. Così la hall dell’ingresso che non è monumentale qualora se ne considerino le dimensioni, ha lo scopo di accogliere il pubblico, e la galleria al mezzanino riservata ai pedoni, che costituisce un elemento di legame fra la città e l’edificio, risponde a questa medesima esigenza psicologica, di invitare la popolazione a raggrupparsi attorno al simbolo della città stessa”.
Così la forma plastica del volume contenente la sala del Consiglio, posto come elemento mediatore – in realtà come fuoco – fra il blocco degli uffici amministrativi e la torre retrostante non ancora realizzata per gli uffici generici, assume un significato simbolico (non simbolistico) come elemento qualificato dell’intero complesso. Si può quindi indicare come punto fermo del Municipio di Tokyo il problema di un recupero dei valori comunicativi dell’immagine architettonica, nella ricerca di un’espressività direttamente inserita da un lato nell’organismo stesso della città, dall’altro nella flagrante situazione politica e sociale.
Tale riscatto della “semanticità dell’immagine” corrisponde non solo ad un’esigenza che negli ultimi tempi è divenuta essenziale nel dibattito internazionale, ma anche ad una serie di istanze interne alla cultura moderna giapponese, che dopo aver raggiunto un livello autonomo di maturazione sentiva di poter trovare nella propria storia e nella propria tradizione, le metodologie e gli stimoli capaci do offrire alternative o soluzioni ai problemi cui il movimento moderno europeo o americano stentavano a dare risposta.
Si presentava ancora una volta, la necessità di una sintesi da realizzare tramite “l’unità contraddittoria delle culture” : per i giapponesi si trattava di dare un contenuto nuovo, autonomo, progressivo, a quella “affinità elettiva” fra architettura moderna e architettura nipponica tradizionale che abbiamo già avuto modo di riconoscere.
kenzo tange |
Il grande successo internazionale di Tange gli aveva fruttato l’invito alla Cattedra di Urbanistica del Massachusset Institute of Technology (il cui titolare era Pietro Belluschi), alla quale egli rimase dal settembre ’59 al febbraio ’60. Il tema proposto da Tange agli studenti del 5° anno, - lo studio di un nucleo residenziale per 25.000 abitanti, situato all’interno della baia di Boston – veniva impostato dall’architetto giapponese come analisi delle contraddizioni e degli sfasamenti provocati nel mondo moderno dalla velocità di trasformazione in atto nelle strutture sociali, che gli strumenti culturali, oggi in nostro possesso, non sono in capaci di controllare. Ma la discrepanza fra tecnica e bisogno di umanizzazione del mondo tecnocratico non è ritenuto male fatale ed inevitabile : Tange, al contrario, assegna come compito principale agli architetti moderni la soluzione di quel contrasto, “ma per arrivarci i metodi e la terminologia attuali sono inefficaci – egli scrive in Architecture d’aujourd’hui –è necessario creare un nuovo modello di insediamento urbano”.
“ La casa, la strada, il quartiere, questi differenti livelli di comunità, sono gli elementi che compongono la città. Ogni elemento deve avere un certo grado di unità e di perfezione e, nello stesso tempo, restare aperto verso il livello superiore per creare in tal modo una più ampia entità. Noi dobbiamo prendere in considerazione la conservazione dell’entità di ogni livello e, nello stesso tempo, dobbiamo rendere accessibili e comprensibili il valore ed il significato di ogni singolo elemento all’interno del sistema generale”.
“Quanto a trattare il problema dei legami fra le diverse funzioni della città, i mezzi moderni di trasporto introducono nuove possibilità : le autostrade. Ma la scala superumana di queste ultime manca di omogeneità con le forme architettoniche già esistenti : il che non significa naturalmente che la scala superumana debba essere rigettata”. Il problema sarà invece di fondere in un unico organismo urbano sia la nuova scala dimensionale propria alle moderne strutture di comunicazione, sia l’istanza dell’umanizzazione delle nuove tecnologie: una ricerca di fondo, tesa a dare una dimensione autenticamente sociale alle tecniche alienanti del mondo neocapitalista.
Sul tema proposto da Tange agli studenti del M.I.T., sette équipes di lavoro presentarono le loro conclusioni fra cui, quella che esaminiamo, venne giudicata come la più rispondente al pensiero dell’architetto giapponese.
La nuova città progettata dal gruppo prescelto è organizzata su di una gigantesca struttura primaria a sezione triangolare formata da grandi portali sostenenti due ordini di piattaforme : una verso l’interno della struttura primaria, che contiene vari livelli di strade di circolazione, l’altra verso l’esterno, sulla quale, anche qui a vari livelli, possono trovare posto gli edifici di abitazione ad elementi industrializzati. Alla base della struttura triangolare è organizzata poi la rete di circolazione principale composta, a sua volta, da tre livelli di diversi mezzi di comunicazione: la metropolitana sotterranea, l’autostrada ad un livello superiore ed una monorotaia appesa alla piattaforma principale.
Le arterie secondarie, dislocate alle varie altezze, si collegano inoltre per mezzo di rampe al livello principale di circolazione.
In tale organizzazione urbana si esprime una palese gerarchia di funzioni che corrisponde alle premesse teoriche impostate da Tange. La grande struttura triangolare determina un nuovo paesaggio alla scala della natura; in essa è pertanto strutturata ed integrata la scala superumana propria alle nuove tecnologie, mentre sempre all’interno della medesima struttura trovano posto la scala delle attività di masse e quella umana propria alla vita quotidiana e individuale.
“Le case – spiega Tange – formano insieme delle piccole strutture all’interno delle quali può anche essere cambiata la loro forma. A questo microscopico livello, i dettagli e la disposizione stessa della casa possono indifferentemente configurarsi secondo il gusto di ciascuno. Ciò significa che esiste la possibilità di distinguersi individualmente nell’ambito del sistema”.
Gli aspetti criticabili di questa ricerca e cioè la astrazione del tema chiuso in se stesso, l’isolamento a bella posta introdotto da ogni contingenza e da ogni legame con la città esistente sulla terraferma, l’indipendenza da ogni problema strettamente economico o legislativo, vanno giustificati dalla volontà di dar forma non ad un modello ripetibile e forse neppure ad una proposta da far divenire realtà nel tempo, bensì ad un metodo di reimpostazione dei problemi capace di stimolare nuove più avanzate ricerche da realizzare quando la società sarà divenuta cosciente delle loro necessità.
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