mercoledì 25 novembre 2009

L'impero di Carlo V e la lotta per l'egemonia



 L'impero di Carlo V e la lotta per l'egemonia
 l'ultimo grande tentativo di dar vita a una egemonia imperiale in Europa fu intrapreso nel 1519 da Carlo d'Asburgo quando fu eletto imperatore con il nome di Carlo V. Carlo V si trovò a governare oltre che sulla Spagna con i territori annessi  di Napoli, Sicilia e Sardegna anche sulle terre familiari degli Asburgo in Austria e in Boemia, sulla Fiandra e i Paesi Bassi e sui territori appartenenti all'impero. Per diventare imperatore, Carlo aveva dovuto ingaggiare una lotta accanita con un altro candidato al trono, il re di Francia Francesco I. Se il re  di Spagna poteva vantarsi di essere il nipote del defunto imperatore, il re di Francia aveva dalla sua l'appoggio del papa Leone X dei Medici timoroso che il sovrano spagnolo, già padrone dell'Italia meridionale, acquisisse anche la corona imperiale. Il vero protagonista di questa lotta fu il denaro: i 7 elettori cui aspettava la nomina misero letteralmente in vendita i loro voti, che Carlo acquistò a carissimo prezzo. Spagna e Francia erano le due più grandi potenze del continente e la loro fu una lotta per l'egemonia. Teatro ne fu l'Italia, che era sempre il paese più ricco, più popolato, più colto d'Europa. Per Carlo V aveva un'importanza strategica fondamentale il ducato di Milano, il cui controllo avrebbe messo in comunicazione i due nuclei principali del suo dominio, Spagna e Germania. Per il re di Francia era vitale impedire che esso cadesse in mani spagnole: la Francia ne sarebbe uscita territorialmente soffocata. Da questo scontro di interessi nacque la guerra.  Una serie di insuccessi francesi culmino nella disfatta di Pavia delle 1525, nella quale lo stesso Francesco I cadde prigioniero. L'Imperatore pose sul ducato di Milano, Francesco II Sforza. Deportato in Spagna, lo sconfitto monarca francese fu costretto a firmare il trattato di Madrid con il quale in cambio della libertà si impegnano a concedere a Carlo V Milano e la Borgogna . Carlo V così sembrava davvero in grado di riunire il mondo cristiano su tutto il suo dominio. Tornato in patria, Francesco I, disse che il trattato di Madrid  gli era stato di estorto sotto costrizione e di non avere alcuna intenzione di rispettarlo. La Borgogna così restò in mani francesi. Lo scontro tra le due potenze così proseguì con accanimento. Schiacciato dalla superiorità dell’avversario, Francesco I cercò di trarre a se tutte le potenze che,per un motivo o per l’altro, avevano di che temere dall’eccessivo rafforzamento di Carlo V. Diede quindi vita, nel 1526, a un’alleanza antiasburgica, la Lega di Cognac, cui aderirono Firenze, Venezia, il Ducato di Milano, il re d’Inghilterra Enrico VIII e il pontefice Clemente VII(prima uno dei maggiori sostenitori di Carlo).La decisione del pontefice ebbe gravissime conseguenze. Nel 1527 una massa di mercenari al servizio dell’imperatore, scese in Italia. Poi esasperati per il mancato pagamento posero di loro iniziativa l’assedio a Roma e la occuparono. Per circa otto mesi il pontefice, asserragliato nell’imprendibile fortezza di Castel Sant’Angelo, assistette al saccheggio della città, all’uccisione dei cittadini al linciaggio e all’umiliazione dei cardinali. Nella circostanza del sacco di Roma si vide anche quanto fragili e occasionali fossero state le motivazioni che avevano spinto i vari stati italiani ad aderire alla lega di Cognac: di fronte alla disperata situazione del papa Venezia occupò alcuni territori pontifici e Genova passò apertamente dalla parte di Carlo V, i fiorentini cacciarono i Medici e proclamarono una libera repubblica.. Tutti rincorrevano i loro interessi particolari, abbandonandosi ai più rapidi e spregiudicati voltafaccia. Intanto l'imperatore che temporeggiava, ufficialmente aveva condannato gli eccessi della soldatesca, ma in concreto non faceva nulla per indurre i mercenari a togliere l'assedio. A prendere tempo lo spingevano anche alcuni suoi consiglieri, che ritenevano opportuno sfruttare la drammatica circostanza dell'occupazione di Roma per imporre finalmente quell'ampia riforma della cristianità che il pontefice tardava a intraprendere e per ridurre il papa alle sole funzioni spirituali. Ma il prolungarsi dell'assedio finì, paradossalmente, per giocare al pontefice. La situazione, infatti, divenne pesante anche per gli stessi assedianti. Intanto cresceva ovunque, tranne che nelle regioni luterane, la protesta per la sorte del pontefice e si riteneva imminente un'azione militare francese per liberarlo. Carlo V e il papa intensificarono le trattative conclusesi con il trattato di Barcellona del 1529 con il quale Carlo V si impegnò a far restituire al papa tutte le terre che gli erano state sottratte e a ripristinare in Firenze il governo dei Medici in cambio ottenne il riconoscimento dei suoi possessi d'Italia e l'incoronazione dalle mani del papa. Nella pace di Cambrai  dello stesso anno i due sovrani divisero le loro rispettive sfere di influenza: l’imperatore rinunciava, non senza un profondo rancore, alle sue pretese sulla Borgogna, mentre il re di Francia gli riconosceva il possesso di Milano. L'egemonia di Carlo V sembrava inattaccabile, tanto era apparsa chiara la sua superiorità politica e militare. Ma Carlo doveva ancora affrontare non poche insidie: la volontà di riscossa, delle re di Francia, l'agitazione provocata in Germania dalla diffusione del luteranesimo e un ultima, ma non meno pericolosa l'aggressione dei turchi ottomani. Gli ottomani dopo la promettente espansione delle 1453 che li aveva portati alla conquista di Costantinopoli avevano dovuto ritirarsi in Asia minore a causa dell'affermarsi della potenza persiana. All'inizio del XVI secolo essi però ripresero la loro penetrazione verso occidente così sotto il regno di Solimano I il magnifico raggiunsero addirittura il cuore dell'Europa. La pressione sull'Europa divenne anche un elemento di rilievo nel grande gioco politico continentale. Avvenne quello che, non era mai avvenuto: un re cattolico si alleò con gli infedeli contro un altro re cattolico. Lo fece Francesco I di Francia stringendo un accordo militare con Solimano, sultano dei turchi ottomani, contro Carlo V, re di Spagna e imperatore cattolico. Quando morì Francesco sforza duca di Milano per evitare che il controllo di quella regione strategicamente vitale per l'impero gli sfuggisse di mano, Carlo V la occupò militarmente. La sola iniziativa non faceva altro che dare corso ad una delle clausole del trattato di Cambrai, ma i francesi risposero riprendendo la guerra. L'intervento delle pontefice Paolo III - al quale stava a cuore la pace all'interno del mondo cattolico, alla fine di organizzare un efficace difesa contro i turchi e avviare un'ampia riforma della chiesa - portò alla tregua di Nizza del 1538, con la quale si riconosceva il dominio imperiale sulla Ducato di Milano e quello francese sulla Savoia. Tuttavia, Francesco I riaprì la guerra cogliendo al balso una nuova sconfitta subita dalla flotta imperiale nelle acque di Algeri, ad opera dei turchi. Ma quella del re di Francia fu una mossa avventata, che gli valse una nuova serie di sconfitte. Il re di Francia riuscì, però, a strappare ai suoi nemici una pace estremamente favorevole, che fu firmata a Crepy nella 1544: in questo accordo furono confermate tutte le condizioni della tregua di Nizza. Il successore Di Francesco I, Enrico II, riprese la guerra contro l'impero spostando l'asse delle conflitto dall'Italia alla Germania, dove infuriava sempre la lotta tra luterani e cattolici. Intanto in Italia la situazione si fece grave per gli spagnoli: la Corsica si ribellò a Genova, Siena cacciò la guarnigione spagnola, ma la ribellione fu domata dal duca di Firenze. La Spagna rielaborò  la sua strategia  organizzando il cosiddetto stato dei presidi, formato da un insieme di fortezza lungo la costa toscana. La diffusione del mito imperiale tra i contemporanei di Carlo V si spiega con l'esigenza di ordine in quanto la realtà del tempo appariva incerta e priva di stabili punti di riferimento: la crisi della chiesa, il tramonto del mondo feudale, l’appannamento dei vecchi valori. Dal punto di vista strettamente politico l'impero era, pur tuttavia, un anacronismo. Per quanto imponente, la compagine che Carlo V si trovò a governare era un agglomerato informe di popoli diversi per tradizione, cultura, lingua e soprattutto dispersi geograficamente. Il primo a rendersi conto di tutto questo fu lo stesso Carlo V. Egli decise anzitutto di risolvere diplomaticamente il conflitto con i principi protestanti tedeschi che si trascinava da tempo senza vincitori né vinti. La pace di Augusta  del 1555 tra l'imperatore e la lega di Smalcalda (lega dei principi protestanti) sancì ufficialmente la divisione di fatto della Germania tra cattolici e luterani. Cosa del tutto nuova nella storia d’Europa, fu che i sudditi furono obbligati a seguire la confessione religiosa del loro sovrano. Con la pace di Augusta Carlo V rinunciò a imporre in Germania l'egemonia dell'impero in campo religioso e acconsentì a una più ragionevole  politica di equilibri e di compromessi. Un passo ulteriore e ben più clamoroso l’imperatore lo compì l'anno dopo, quando abdicò dividendo l'impero in due tronconi: al fratello Ferdinando I lasciò la corona imperiale, le terre ereditarie degli Asburgo, le corone di Boemia e di Ungheria; al figlio Filippo II lascio il regno di Spagna con Milano e i tre viceregni di Napoli, Sicilia, Sardegna, i Paesi Bassi, le colonie americane. La guerra tra Francia e impero ebbe uno strascico nello scontro tra il monarca francese e Enrico II e il re di Spagna Filippo II. Le due potenze, in lotta da diversi decenni,  erano ormai in  logore, le loro finanze erano dissestate, il morale degli eserciti prostrato. Si giunse a un'ennesima pace, che fu conclusa ha Cateau-Cambresis nel 1559 e che regolò gli equilibri politici europei per circa mezzo secolo. L'accordo fu anche suggellato da due matrimoni dinastici: quello di Filippo II con la figlia di Enrico II, Elisabetta, e quello di Emanuele Filiberto con la sorella di Enrico II, Margherita.


La riforma protestante




                                      La riforma protestante
 Più il potere materiale della Chiesa aumentava, più si diffondeva tra i credenti la certezza che essa fosse irrimediabilmente lontana dalla chiesa delle origini, politicamente debole ma moralmente pura. Questo mito della purezza del cristianesimo antico divenne come una metà da raggiungere, un ideale da tradurre il realtà. I mali della Chiesa , che erano sempre sotto gli occhi della gente, il concubinato degli ecclesiastici, la simonia (cioè la vendita delle cariche ecclesiastiche), il mancato rispetto dell'obbligo della residenza dei vescovi, abati e curati nel luogo dell'ufficio. Un problema particolarmente scottante è quello delle indulgenze. Con il termine indulgenza, si indicava la remissione della pene che venivano inflitte dalla chiesa ai fedeli in conseguenza del perdono dei loro peccati: la confessione dei peccati e l'assoluzione erano infatti nulle se non accompagnate dall'espiazione. Verso è il 1500 era enormemente diffusa la pratica dell'acquisto dell’indulgenza  dietro versamento di somme di denaro. La pratica diffondeva tra i fedeli il ritratto di una chiesa dedica prevalentemente al commercio delle indulgenze, e che amministrava il perdono e la penitenza unicamente per rimpinguare le proprie finanze. In monaco agostiniano Martin Lutero affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg un documento contenente 95 tesi contro le indulgenze. La chiesa - sosteneva Lutero- non può vincolare le decisioni divine; se Dio ha  imposto un castigo solo lui può condonarlo. Il problema della salvezza era stato ossessivamente presente in tutta la formazione di Lutero. Egli era giunto a una visione radicalmente pessimistica dell'uomo  la natura umana è  irrimediabilmente contaminata dal peccato originale e   nulla gli uomini potevano fare se non abbandonarsi alla giustizia ed alla misericordia divina. Secondo la visione di Lutero bisognava svalutare innanzitutto il ruolo dei sacerdoti quali intermediari necessari tra Dio e i fedeli; infatti secondo lui esisteva un sacerdozio universale dei credenti: tutti credenti erano sacerdoti perché tutti avevano ricevuto il battesimo. Per Lutero il papa stesso era un'istituzione esclusivamente umana, una potenza terrena, come le monarchie e l’impero, e l'intera cristianità non aveva altro capo che Cristo. Di fronte al carattere dirompente delle critiche di Lutero, la reazione papale era inevitabile e si manifestò con la bolla del pontefice Leone X che condannava le idee del monaco agostiniano, ordinava che i suoi scritti fossero gettati al rogo ,gli lasciava due mesi di tempo per abiurare. Lutero bruciò in pubblico la bolla papale manifestando apertamente la volontà di una rottura definitiva. Decisivo per Lutero fu l’appoggio dell’elettore di Sassonia, Federico il Savio, che lo convinse ad appellarsi direttamente all’imperatore CarloV, cui aspettava il compito di rendere esecutiva la condanna papale. Della faccenda doveva occuparsi la Dieta imperiale convocata a Worms . In quell'occasione fu nuovamente chiesto a Lutero di sconfessare pubblicamente le proprie idee ma Lutero rifiuto di farlo. Con il consenso di una parte della Dieta, l'imperatore pronunciò  una solenne condanna che fece di Lutero un fuorilegge e un nemico pubblico. La situazione di Lutero si fece estremamente pericolosa ma  la sua figura era ormai diventata un simbolo e quel monaco ribelle contava già molti sostenitori in vari strati della società tedesca. La diffusione delle idee di Lutero fu agevolata da un ampio ricorso all'uso della stampa. Questa circolazione fu resa possibile da l'uso della lingua volgare che fu adoperata  anche per trattare argomenti che fino a qualche decennio prima sarebbe stato impensabile  esprime e in altra lingua se non in latino. La Bibbia, tradotta dallo stesso Lutero in tedesco , divenne un libro accessibile a chiunque sapesse leggere così i chierici e i dotti persero l'antico privilegio che ne faceva gli unici lettori dei testi sacri. Al fine di facilitare l'accesso diretto alla parola divina Lutero promosse l'esigenza che  tutti anche i più poveri imparassero a leggere e scrivere. Si avvio così una vera e propria lotta contro  l'analfabetismo. I sconvolgimenti politici e religiosi della riforma s'incrociarono con vasti sommovimenti sociali. I cavalieri colsero nella predicazione di Lutero un invito ad aggredire la grande proprietà ecclesiastica e impugno le armi. Molto più grave fu la rivolta dei contadini. Le nuove esigenze suscitate dall'estendersi dell'economia di mercato ed al conseguente impulso agli incrementi produttivi avevano anzi spinto molti signori inasprire ed estendere il loro dominio di carattere personale sui lavoratori della terra. Non si trattava soltanto di richieste di contributi e di servizi, ma anche di tutta una serie di limitazioni riguardanti il diritto dei contadini di vendere beni e prodotti, il diritto ereditario, la libertà di matrimonio, la libertà di trasferimento. La situazione sociale e delle campagne tedesche si fece incandescente e scoppiarono le prime rivolte frate  l‘estate e l’autunno del 1524. Furono assaliti e incendiati i monasteri , i castelli, le dimore signorili. La rivolta si estese anche ad alcune città e diversamente da quanto era accaduto nelle rivolte contadine del passato il movimento cercò di darsi un'organizzazione e un programma. Il fallimento delle trattative con i signori  portò all'elaborazione dei cosiddetti 12 articoli: una sorta di manifesto che raccoglieva le principali rivendicazioni dei contadini e servì da riferimento per le lotte dei mesi seguenti. Particolare significato eversivo assumeva il costante riferimento al Vangelo. La parola divina diventava criterio di base  per la legittimazione delle richieste più radicali. Non furono certo  le idee di Lutero a scatenare le rivolte contadine, queste ultime  affondavano le radici in un malessere secolare. Ma il luteranesimo  fu ben presto chiamato in causa dai contadini stessi e dalle autorità. Così le autorità non tardarono ad accusare il monaco di essere il vero responsabile delle agitazioni: le sue idee sovversive e avevano contagiato le popolazioni spingendole alla violenza. Era quindi necessario reprimere le rivolte contadine sia il movimento luterano. Lutero  intuì prontamente il pericolo e reagì con una serrata critica del programma e delle rivendicazioni dei rivoltosi questi non avevano alcun diritto di appellarsi al vangelo, perché il Vangelo escludeva qualsiasi violenza e qualsiasi ribellione . Il compito di punire l'ingiustizia aspettava solo a Dio. Così quando le autorità pubbliche  intrapreso  le rappresaglie e spinsero  i loro soldati contro i ribelli  i ribelli, Lutero  incentivò  lo sterminio  in quanto riteneva che se ci fossero stati innocenti in mezzo a loro Dio li avrebbe salvati lo sterminio. La scelta di Lutero  sorprese e deluse  molti tra coloro che avevano accolto con entusiasmo il suo messaggio. I gravi disordini provocati dalla rivolta dei cavalieri prima, da quella dei contadini dopo, provocarono un’ondata repressiva nei confronti dei seguaci di Lutero e ridiedero fiato ai sostenitori della chiesa cattolica  in Germania. Tra i principi di Germania la spaccatura si  aggravaò quando sei principi e 14 città tedesche  protestarono apertamente contro il tentativo di rendere efficace su tutto il suolo germanico l'editto di Worms che condannava il luteranesimo. Nel 1530 protestanti definirono le loro posizioni nella confessione augustana e strinsero una alleanza militare chiamata la lega di Smalcalda .Il luteranesimo si diffuse a macchia d'olio in Germania, quest'ultima così si trovo pertanto divisa tra l'imperatore e i principi cattolici da un lato e i principi luterani dall'altro. Ma il luteranesimo si estese anche oltre i territori tedeschi infatti dopo la Germania, l'altro grande polo della riforma fu la Svizzera, dove le nuove dottrine  furono introdotte da Ulrich Zwingli. Zwingli sottolineò sempre la propria indipendenza da Lutero, pur mostrando di apprezzare  altamente l’importanza dell'insegnamento. Zwingli riformò ampiamente la chiesa di Zurigo. Anche Zwingli toccò il compito ingrato di fronteggiare movimenti estremisti che rischiavano di compromettere il delicato equilibrio esistente tra i riformatori e le pubbliche autorità. La minaccia interna alla riforma zurighese venne dai cosiddetti anabattisti. Gli anabattisti sostenevano la necessità di dar vita immediatamente a una comunità di santi, di fedeli puri e  liberi da qualsiasi costrizione legale neavano validità al battesimo dei fanciulli  e sostenevano che tutti i veri  fedeli dovevano essere ribattezzati essendo il battesimo non un sacramento ma il segno e la conferma della purificazione interiore, frutto dell'autorità morale e del libero arbitrio. Zwingli così cercò di convincere gli anabattisti a rinunciare alle loro idee e a rientrare nella sfera della chiesa riformata di zurigo, ma si scontro contro un’opposizione irriducibile. L'intervento delle autorità civili fu allora durissimo. Zwingli  suscitò apprensione nei cantoni cattolici della Svizzera, dominati  da una forte aristocrazia guerriera. Nel 1531 un esercito cattolico assalì Zurigo e riportò una schiacciante vittoria dove morì lo stesso Zwingli. La diffusione della riforma fu bloccata in tutta la Svizzera, con l'eccezione di Ginevra. A Ginevra si svolse l'attività di Giovanni Calvino. I rapporti di Calvino con Ginevra non furono facili, ma alla fine, riuscì a fare di quel piccolo centro una specie di stato-chiesa, una comunità pretesa a incarnare il modello calvinista di società. Questo modello di società era imperniato sull'idea di predestinazione, che già Lutero aveva abbozzato e che Calvino elaborò e completò con grande chiarezza. Secondo la dottrina di Calvino per volontà di Dio , alcuni eletti  erano predestinati da sempre alla salvazione; tutti gli altri erano dannati . La salvezza non dipendeva dai meriti dell'individuo, ma dalla grazia divina. L'individuo, però, non doveva rassegnarsi passivamente al proprio destino, ma ricercare continuamente dentro di se i segni della sua appartenenza alla schiera degli eletti. Questa ricerca attiva sia attuava anche nella vita di ogni giorno, nella quale l’eletto è chiamato ad impegnarsi: il successo personale, il dovere compiuto, il lavoro ben eseguito  era quasi un rito religioso celebrato in onore di dio. Per il calvinismo la vocazione di ognuno- e dunque anche il suo ruolo sociale e professionale- si legava così in positivo alla predestinazione dando vita a una nuova etica del lavoro. Ginevra così diventò anche il punto di riferimento e il rifugio di tutti coloro che  erano perseguitati per le loro idee religiose. Sotto il profilo strettamente religioso Calvino fu di una intransigenza estrema e fece ampiamente ricorso al terrore, spingendosi non di rado ad atti di inutile crudeltà. L'area di diffusione  della riforma in Europa fu molto vasta. In Francia essa penetrò abbastanza rapidamente. Infatti  da parte dei protestanti ci fu una condotta prudente ma nel 1534 avvenne la svolta drammatica in quanto manifesti violentemente anti-cattolici, nei quali si negava anche la validità della messa, furono affissi in molte città francesi e persino alle mura del castello reale. Di fronte a questa iniziativa, che aveva tutte le apparenze della sovverzione, il re Francesco I non esitò a reagire e scatenò la repressione . Sotto il   successore  di FrancescoI,  EnricoII , la repressione divenne ancora più sistematica. Maggior successo in Francia ebbe il calvinismo mal grato la pena di morte spesso applicata agli eretici, si contavano in Francia  circa 670 pastori ugonotti(così venivano chiamati i calvinisti francesi). In Germania la diffusione del calvinismo trovò un forte ostacolo nella presenza radicata del luteranesimo. Il calvinismo ebbe inoltre buon gioco nel soppiantare il luteranesimo in Ungheria. Il calvinismo registro buoni successi anche nei Paesi Bassi. La corrente luterana della riforma si impose invece in modo prorompente nell'Europa settentrionale: Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda. Più compressa fu la diffusione della riforma in Inghilterra. L'ostilità nei confronti della chiesa di Roma si era manifestata con ondate ricorrenti. Il fuoco fu nuovamente attizzato dalle vicende matrimoniali del re Enrico VIII. Il sovrano desiderava, infatti, annullare il suo matrimonio con Caterina d’Aragona, dalla quale non aveva avuto eredi maschi. Il pontefice  Clemente VII non concesse l'annullamento e il rifiuto provocò una durissima reazione del sovrano che sposo ugualmente Anna Bolena. Da Roma partì immediatamente la scomunica comuni carattere per Enrico VIII. Giungeva così a compimento la rottura tra la chiesa romana e il regno di Inghilterra. Enrico VIII si fece proclamare, con il cosiddetto atto di supremazia, capo supremo della chiesa d’Inghilterra (che veniva chiamata chiesa anglicana).In Italia la riforma ebbe  una storia diversa da quella delle altre regioni  europee. Nella penisola mancava infatti, quel sentimento di profonda avversione a Roma e alla sua chiesa che altrove era stato uno dei fattori determinanti nella diffusione del luteranesimo  e del calvinismo. Inoltre, a differenza dei principi tedeschi e dei sovrani europei, i signori che governavano i numerosi stati italiani erano troppo dipendenti dal papa e dall'altra potenza cattolica l’imperatore per tentare anche qualora lo avessero voluto  una politica di rottura in campo religioso. Ma i temi della riforma ebbero ugualmente una certa circolazione nel nostro paese. Nel complesso, tuttavia, la riforma nel nostro paese non diventò mai un movimento popolare e i suoi aderenti appartenevano prevalentemente agli ambienti colti.


Economia e società nel '500



                           Economia e società nel '500
 Il secolo che iniziò all'indomani della scoperta dell'America portò grandi trasformazioni nella storia d'Europa. Il dato più significativo della storia economica e sociale di questo periodo fu un vistoso aumento della popolazione. La crescita demografica fu risentita in misura particolarmente notevole nelle città, interessate anche da un   movimento migratorio dalle  campagne.La popolazione aumentava, ma la durata  della vita , malgrado lievi miglioramenti rispetto alla situazione di età medievale restava a livelli bassissimi, a causa soprattutto delle elevata mortalità infantile. Le cause dell'aumento della popolazione sono alquanto oscure ma non lo sono però gli effetti. Il più evidente è l'aumento del costo della vita gli storici moderni lo hanno definito come una rivoluzione dei prezzi. La rivoluzione dei prezzi viene piuttosto spiegata con l'aumento della popolazione il nesso fra l’aumento della popolazione e l’aumento dei prezzi emerge con chiarezza da una circostanza: le più alte impennate furono registrate dai prezzi dei generi alimentari, e soprattutto dei cereali che venivano maggiormente richiesti da una popolazione in continuo crescita. Ne derivò  un vasto processo di riconversione delle culture, una cerealizzazione dell'agricoltura che riguardò  tutte le regioni europee. L'aumento dei prezzi dei generi alimentari dipendeva dal fatto che la produzione di questi generi non teneva il passo con l'aumento della popolazione. Così con molti sforzi ci fu un aumento delle risorse ma questo non fu dovuto a un miglioramento delle rese agricole bensì ad una estensione degli spazi coltivati, a progressi considerevoli nel settore dell'irrigazione,. La cresciuta richiesta di generi alimentari determinò un aumento dei profitti derivanti dall'agricoltura e l'aumento degli investimenti agricoli da parte dei detentori di capitali.Un'altra conseguenza dell'aumento della popolazione fu la diminuzione del potere d'acquisto dei lavoratori. In verità, i salari medi dei lavoratori aumentavano in misura considerevole ma i prezzi aumentavano più dei salari,, così che il livello di vita delle classi lavoratrici fuduramente colpito.. In campo industriale il ‘500 non registrò alcun cambiamento significativo nel settore fondamentale , quello dell'energia. La produzione industriale di questa epoca continuava a utilizzare le tradizionali fonti di energia: quell'umana, quella animale, l'acqua, il vento e legno. L'aumento dei prezzi danneggiò i salariati e tutte le categorie a
reddito fisso, ma arricchi le categorie che operavano dinamicamente nel tessuto economico. È questa l'epoca in cui si affermano  i banchieri-mercanti-industriali, che uniscono le  speculazioni finanziarie alle attività commerciali e industriali si nota così una più accentuata tendenza all'investimento di forti capitali in attività produttive e alla loro circolazione internazionale. Un'altra caratteristica del periodo è il coinvolgimento dei governi nei grandi traffici internazionali. I regni maggiormente impegnati nella conquista coloniale organizzarono non uno stretto controllo sul commercio oceanico. Siviglia  e Lisbona rappresentano due città che dovettero la loro fortuna a una scelta governativa. Un altro segno della più forte dimensione internazionale degli scambi è la diffusione delle borse. La borsa era il luogo di incontro fisso di banchieri, mercanti, agenti di cambio dove si trattava insieme operazioni sulle merci, cambi, partecipazioni, assicurazioni marittime.  


I nuovi mondi


                                   I nuovi mondi
 Il XV secolo fu un periodo di gigantesche trasformazioni negli equilibri mondiali. Uno degli eventi più importanti nella storia di questo periodo fu la caduta dell'impero Bizantino. L'intraprendenza dei genovesi e dei veneziani aveva sottratto a Costantinopoli gran parte delle sue  fonti di ricchezza. Su Costantinopoli ormai in rovina sia abbattè un nemico potente, si trattava dei turchi ottomani. Sembrava che nulla potesse fermare l'influenza ottomana e che il destino di Costantinopoli fosse ormai segnato ma la penetrazione ottomana in occidente fu bloccata dalla nascita di un grande impero  orientale. L'artefice di questa impresa fu Tamerlano che guidò il sul popolo alla conquista di un enorme impero lo scontro decisivo tra le armate di Tamerlano e quelle ottomane avvenne ad Ankara nel 1402: gli ottomani subiranno una vera e propria disfatta e il loro dominio si disgregò rapidamente. Ma alla morte di Tamerlano l' impero da lui edificato si sfascio. Gli ottomani approfittando  di questa inaspettata  circostanza riedificarono la loro potenza, il timore si diffuse alla corte Bizantina e l'imperatore cercò di correre ai ripari. L'ultima speranza di salvezza stava nell'aiuto dei cristiani d'occidente ma l'unica merce che egli poteva barattare in cambio dell'aiuto militare era la sottomissione della chiesa di Costantinopoli al papa di Roma. Questo però non servi a salvare Costantinopoli in quanto le potenze europee non attraversavano momenti felici così sia nel 1444 che nel 1453  le forze ottomane attaccarono la capitale dell'impero Bizantino la città cosi cadde, gli abitanti furono massacrati  e Costantinopoli fu chiamata anche Istanbul  e divenne la base sulla quale gli ottomani costruirono la loro potenza marittima. Scomparve così l' impero Bizantino mentre si consolidata l'impero ottomano.Lo sbarramento ai traffici tra oriente e occidente frapposto dall'impero ottomano spinse gli europei a cercare nuove vie di comunicazione. Si trattava, anzitutto,  di verificare la possibilità di circumnavigare l'Africa e di raggiungere l'oceano indiano e di li l'Asia. La nave delle grandi scoperte fu la caravella portoghese che segno un progresso enorme rispetto alle grandi pesanti imbarcazioni precedenti. Tutto questo però va ricondotto nelle  condizioni politiche e necessità economiche delle grandi monarchie. La formazione delle grandi monarchie nazionali si era accompagnata alla costituzione di eserciti di massa di una amministrazione complessa e articolata e di una politica edilizia di prestigio: tutte  esigenze vitali, che non potevano essere soddisfatte dal normale prelievo fiscale. Si imponeva così la necessità di procurarsi in altro modo le ricchezze indispensabili al mantenimento  di un' organizzazione statale e di forze armate efficienti. L'era delle grandi scoperte geografiche fu aperta dalla più importante di tutte, quella dell'America, ad opera di Colombo.Egli manifestata l'idea di raggiungere l'oriente navigando verso occidente  incontro all'inizio una fortissima resistenza il suo progetto fu respinto dalla re del Portogallo  che lo ritenne non sufficientemente fondato, Colombo decise allora di trasferirsi in Spagna qui dopo anni di  tentativi  ottenne  dalla regina Isabella di Castiglia la tanto sospirata approvazione. La spedizione comprendeva 3 caravelle: la Santa Maria, la Pinta e  la Nina.   Dopo molte difficoltà Colombo avvisto finalmente terra il 12 ottobre 1492 così quando  ritorno' a Palos Colombo fu accolto con grandissimo onore. Trascorsero appena pochi mesi e Colombo ripartì al comando di una colossale spedizione; furono esplorate le Antille ma non si trovarono  le enormi ricchezze di cui si cominciava a favoleggiare. Infatti i monarchi europei si aspettavano unicamente che le somme investite nelle spedizioni dasser buoni frutti. Così proprio per questo Colombo dovette faticare molto prima di ottenere il comando di una nuova spedizione questa volta Colombo portò oro e perle in quantità ma intanto la situazione a Santo Domingo precipitava e alla corte spagnola giungevano voci allarmanti sui disordini e violenze seminate dalla cattiva amministrazione di Colombo.L'inviato della corte presa conoscenza dell'atrocità di cui veniva incolpato l'ammiraglio lo incarcerò  e lo spedì in catene in Spagna. Disperato, per intervento della regina Colombo riuscì ancora una volta ottenere il comando di un piccolo convoglio,ma dopo quest'ultima spedizione Colombo tornò in Spagna dove però la regina Isabella, unica sua protettrice, era morta e la nuova situazione a corte era ostile al navigatore genovese. Cristoforo Colombo morì il 20 maggio 1506 dimenticato da tutti. Al ritorno di Colombo da suo primo viaggio, la Spagna si affrettò a ottenere dal papa Alessandro VI il riconoscimento dei propri diritti su tutte lettere d'occidente. Questo riconoscimento provocò la pronta reazione del Portogallo che si vedeva preclusa i mari d'occidente così nel 1494 Spagna e Portogallo firmarono pertanto il trattato di Tordesillas, che regolava le rispettive sfere   di espansione. I viaggi di Colombo furono seguiti da altri viaggi e da altre scoperte : Vasco da Gama doppio il Capo di Buona Speranza e la sua avventura aprì la strada alla colonizzazione portoghese dell'Africa, dell'India, della Cina. Al fiorentino Amerigo Vespucci tocco il compito di esplorare le coste meridionali del nuovo mondo e di rilevare che Colombo non aveva scoperto la via più breve per le indie ma, un nuovo, gigantesco continente.. Alcune tra le civiltà locali della popolazione dell'America centrale e meridionale erano gli aztechi una popolazione nomade che percorreva le pianure semidesertiche del Messico. Nell'1428 iniziò la loro inarrestabile ascesa che ha portato a sottomettere una per una le comunità della regione e organizzare un vasto impero che si estendeva su quasi tutto il Messico.L'impero azteco  era dominato da un potere centrale molto forte impersonato dal re.Le cariche civili e religiose erano riservate alla nobiltà mentre i mercanti e gli artigiani rappresentavano un ceto intermedio di privilegiati. Alla base di questa piramide sociale i servi e gli schiavi. La civiltà maya era  una delle più antiche del nuovo mondo. I maya  erano organizzati in una miriade di città stato dotate di completa autonomia non si trattava però di veri e propri centri urbani abitati da una popolazione stabile, ma piuttosto di luoghi culturali, dove avevano sede i templi e le abitazioni del clero, la popolazione viveva nelle campagne circostanti. Il capo delle citta era il sommo sacerdote che
deteneva anche i poteri  politici e giudiziari. Il clero era affiancato da un potente ceto nobiliare che aveva il privilegio della proprietà privata della terra. La massa della popolazione coltivava i campi in comune ed era sottoposta a gravose  prestazioni di lavoro. Gli Incas invece fondarono uno degli imperi più vasti dell'epoca pre-colombiana. Un territorio tanto sterminato era controllato per mezzo di un esercito agguerrito, da una struttura amministrativa efficiente, da una rete stradale ben  organizzata.Gli incas erano soliti trasferire le comunità sottomesse in luoghi lontani e assegnare le loro terre a tribù fedeli. L'impero era suddiviso in circoscrizioni rette da governatori; il re delle popolazioni sottomesse  venivano mantenuti al loro posto con compiti di amministrazione locale. Il capo supremo della civiltà degli incas era l'imperatore in lui si sommano poteri religiosi, politici e militari. Queste antiche civiltà, dopo aver conosciuto gli esploratori conobbero i conquistatori. In Messico  sbarco una spedizione di spagnoli guidata da Fernando Cortes che entrò in profondità nel paese e conquistò la capitale catturando l'imperatore che fu giustiziato. Il massacro sistematico dei principi aztechi, le feroci ritorsioni, il bombardamento della capitale seminò negli indigeni il terrore e con esso la convinzione che gli spagnoli non potevano essere sconfitti. Cortes fu  nominato dal re di Spagna Carlo V imperatore della nuova spagna . Il nuovo mondo era anche una occasione unica per far fortuna per raggiungere dal nulla gloria e potenza. Il motivo per cui migliaia di uomini riuscirono in pochi anni sottomettere milioni di indigni è senza dubbio che come i portoghesi e gli spagnoli potevano contare sull'armamento decisamente superiore ma tuttavia la superiorità militare non basta  a spiegare il successo dei
conquistatori infatti a favore di questi ultimi giocarono anche alcune circostanze politiche particolarmente propizie. Le popolazioni sottomesse dagli aztechi e dai maya decisero infatti ben presto di sottrarsi al vecchio gioco e passarono dalla parte dei nuovi potenti padroni.I conquistatori  portoghesi e spagnoli insiediatisi nelle americhe trasferirono inevitabilmente forme di organizzazione politica e sociale che avevano molto in comune con il sistema feudale. Il re del Portogallo divise i territori brasiliani in capitanie affidate ad altrettanti responsabili cui spettata il compito di amministrare e difendere il proprio territorio. Simile alla
capitania portoghese fu la encomendia spagnola. L'encomendia  presentava, esasperata, alcuni aspetti originari del feudalesimo; in comendero  poteva infatti richiedere agli indigeni prestazioni di lavoro illimitate. Il paese che si impegno di più nella conquista dello sfruttamento dei territorio americani fu la Spagna mentre il Portogallo concentro le proprie forze soprattutto nella colonizzazione dell'oriente. Il Portogallo non procederà all'emissione   di enormi territorio che non avrebbero mai potuto controllare efficacemente costrui invece un'importante sistema di fortezze e di basi navali. Pertanto nell'oceano indiano, i portoghesi entrarono  inevitabilmente in contrasto con gli arabi dell'Egitto, che da tempo dominavano i traffici su quei mari. Ne nacque una guerra che culmino nel 1509 con la vittoria dei portoghesi grazie alla loro soverchiante  potenza di fuoco delle loro navi. Il fatto più nuovo delle scoperte, sul piano delle realtà umane e sociali è per gli europei l'apparizione del selvaggio. L'atteggiamento degli europei nei confronti delle popolazioni americane fu caratterizzata fin dall'inizio da un totale rifiuto.Non mancavano tuttavia voci discordi. La più nobile di tutte è quella di Bartolomè  de Las Casas  che a contatto con le atrocità della dominazione spagnola, egli decise di farsi frate e di dedicare la propria vita alla causa degli Indios, denunciando e accusando i metodi dei conquistatores.    Un 'altro   problema fu quello del recupero delle popolazioni e della loro conversione al cristianesimo. La religione cattolica era inoltre diversissima dai culti locali a carattere prevalentemente magico.I rimedi furono drastici  migliaia di indios furono battezzati a viva forza sotto la minaccia della prigione o della tortura. In questa secolare opera di evangelizazzione vanno tuttavia distinte due fasi: nella prima, caratterizzata dall'attività degli ordini francescano e domenicano emerse la preoccupazione di collegare in qualche modo l'emancipazione spirituale delle masse indigene alla tutela delle loro condizioni materiali; nella seconda,
contrassegnata dall'attività del clero secolare venne in luce una avidità e una crudeltà che non aveva nulla da invidiare a quella degli stessi conquistatori.


 

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